Dracula 2: The Last Sanctuary, un horror con pochi brividi

Dracula 2: The Last Sanctuary (Microids, 2000)

Non che il primo capitolo fosse realmente “spaventoso”, ma almeno c’era l’effetto sorpresa e, se non altro per l’atmosfera cupa qualche piccolo brivido poteva provocarlo. Invece, la seconda parte della saga di Dracula prodotta in Francia da Microids, sotto l’aspetto orrorifico risulta molto deludente. Insomma: Dracula 2 – The Last Sanctuary non può far paura neanche a un bambino e da questo punto di vista non compete affatto con il predecessore, Dracula Resurrection. Eppure, uno si aspettava un passo avanti: più horror, più paura. Non è così.

E oltre a non spaventare, The Last Sanctuary ha un altro difetto: nella seconda parte finisce addirittura per annoiare. Ma tutto sommato, come vedremo, ha pure i suoi pregi e vale la pena di giocarlo.
Storia: troppa linearità
La storia, solo liberamente ispirata al romanzo di Bram Stoker, riprende dove si era conclusa nel primo capitolo: Jonathan Harker, il protagonista, torna a Londra dopo avere liberato Mina, ma il Conte li segue e continua a tormentarli. L’obiettivo, ancora una volta, è uno: eliminare il vampiro. Ma se da un lato questa linearità è un pregio, perché la semplicità fa sempre bene, dall’altro è un difetto: in fondo, siamo di fronte a una avventura, un gioco, perciò qualche percorso alternativo, qualche falsa pista, qualche ambiente “bonus” avrebbero fatto solo del bene. Invece, come la stragrande maggioranza delle avventure grafiche, si procede a blocchi: la residenza londinese del Conte, i sotterranei, il manicomio, di nuovo la residenza londinese eccetera. E quando si rimane bloccati, per qualunque motivo, ci si ritrova con la frustrazione di dovere sbattere la testa solo in quelle cinque o sei stanze a disposizione. Non c’è la possibilità, che so, di allontanarsi, risolvere magari un altro enigma, e poi tornare. Dunque, la troppa linearità “mozza” la storia, le dà meno respiro, e inoltre influenza la giocabilità. E’ chiaro che un design di questo tipo facilita i programmatori, che si limitano a lavorare di volta in volta su pochi ambienti, ma peggiora la qualità di un gioco.

Interfaccia e grafica: semplice e chiaro
L'aspetto grafico è identico a quella di Dracula 1-Resurrection (e di altre avventure della stessa famiglia, come Necronomicon): sfrutta un motore ormai anzianotto (Phoenix) che dà una visuale in prima persona con la possibilità di “spaziare” a 360 gradi. L'interfaccia è immediata: semplicemente il cursore cambia forma sugli “hotspot” e permette di agire. Non mancano scene “filmate” nei momenti chiave. Insomma, tutto molto immediato. La grafica è tutto sommato più che buona per essere un titolo del 2000.

Enigmi: vari e ben congegnati
Gli enigmi sono indubbiamente il punto di forza di questo gioco. Non siamo di fronte a una puzzlefest, ma poco ci manca. Ci sono, cosa inusuale per le avventure grafiche, enigmi a tempo: un tentativo di dare ritmo, adrenalina, a una trama effettivamente appiattita. Ci sono codici da scoprire sfogliando libri: un classico che qui è ben realizzato perché qua e là sono sparsi intelligenti indizi per la soluzione. Ci sono hotspot pressochè invisibili da stanare: altro classico, ma di cui per fortuna Dracula 2 non abusa. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. E sia chiaro: sono tutti enigmi ben legati alla trama, congegnati decentemente, mai troppo frustranti.

Morte: un ritorno al passato
Oltre agli enigmi a tempo, Dracula 2 offre un altro elemento poco comune nelle avventure grafiche: la morte. Sì, proprio come nelle avventure testuali anni 80, i designer hanno previsto che il protagonista possa morire, e improvvisamente per di più: così, potreste ritrovarvi a entrare in una stanza e a non uscirne vivi senza potere fare niente. Niente. Dovrete rassegnarvia a riprendere da una partita salvata. Sarà anche poco onesto tutto ciò, perché vìola una regola non scritta che, in teoria, dovrebbe valere per tutte le avventure: la possibilità (teorica…) di potere finire il gioco senza morire. In Dracula è necessario morire per scoprire elementi utili alla soluzione. Ma in fondo va bene così: in un gioco tanto statico la morte istantanea almeno dà un po’ di adrenalina, offre un colpo di scena.

Bug
I bug hanno ponderosamente inficiato la mia partita (un mesetto di gioco con una media di un’ora a sera, forse qualcosa di più). Ormai, sempre più spesso, quando mi blocco in una avventura mi chiedo se sia colpa mia o colpa di un bug. In Dracula più volte è avvenuto per colpa di un bug: rischiavo così di non potere mai finire il gioco per via di un errore dei programmatori. In tre o quattro occasioni ho dovuto, con enorme malavoglia, sbriciare la soluzione per scoprire che ero incappato, appunto, in un bug.

Un esempio (occhio agli spoiler).
Spoiler space begins….
Mi sono trovato a vagare per le fogne con l’aggeggio “antivampiri” in mano. Non riuscivo a fare nulla. Non c’erano vie d’uscita. Per tre ore ho vagato come un idiota. Poi, sbirciando la soluzione, mi sono reso conto che in quel luogo, in quel momento, c’ero finito “per sbaglio”. Non potevo essere lì. E no, non era un cul-de-sac, quella situazione delle vecchie avventure testuali per cui, se non si sono risolti determinati enigmi, si può finire in un vicolo cieco senza potere più avere la possibilità di concludere la partita (il famigerato “unwinnable state senza avvisi”, ovvero uno “stato” del gioco in cui è impossibile proseguire, ma il gioco non te lo fa sapere). In Dracula, dicevo, non era un cul-de-sac, ma semplicemente un bug: ero chissà come passato attraverso una porta che doveva essere chiusa.

Spoiler space ends….
In altri momenti, poi, mi era impossibile tornare indietro, nella stanza da cui ero arrivato, benchè non ci fossero impedimenti o porte chiuse: semplicemente bug.
Hai voglia ad arrovellarti chiedendoti “dove ho sbagliato?”.

Conclusioni
Tutto sommato The Last Sanctuary è un gioco da consigliare, perché diverte e offre diversi rompicapi. Mi auguro che all’epoca fosse uscita una patch per i bug (io non l’ho trovata) perché altrimenti sarebbe un peccato. Resta ad ogni modo sconcertante l’effetto “noia” in un gioco che dovrebbe essere horror. Di certo, non è colpa della “staticità”: ci sono avventure testuali come Anchorhead che in certi momenti fa davvero paura (merito dell’ottima scrittura di Mike Gentry), e avventure grafiche come Dark Fall che senza personaggi animati, e una grafica peggiore, spaventano molto di più. Forse l’effetto “noia” è dovuto a una storia, quella di Dracula, di cui si sa tutto, per cui è impossibile creare colpi di scena. Forse è dovuto a poca inventiva. Fatto sta che la conclusione è una: Dracula – Last Sanctuary è un horror senza brividi. Ma da giocare.

(dicembre 2007)

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