Il Verso dei Morti (e il ritorno al guess-the-verb)

Il Verso dei Morti (Lorenzo Chiodi 2008)

Il Verso dei morti, che potete scaricare qua, è la prima avventura di un autore promettente, Lorenzo Chiodi. L'ho provata dopo avere letto che a Marco Vallarino, storico autore nostrano, è piaciuta molto.

Scritta in Glulxe, ha un impianto moderno: ci sono immagini che riportano al clima delle avventure grafico testuali anni 80; e, soprattutto, ci sono suoni/rumori, un tocco in più, un bonus, che contribuisce a dare atmosfera. 

In sostanza, il gioco è un four room game, si svolge in quattro stanze descritte ognuna con una riga di testo: nei panni del custode di un edificio dovete sfuggire alla morsa di sei zombi incazzati neri. Tutto qua. Una trama semplice che fa molto "gioco" e poca "narrativa interattiva". Machissenefrega, le avventure sono soprattutto giochi, no? 

Certo, ma un po' di scrittura non guasta. Lorenzo scrive bene, non commette errori di grammatica, e questo è un pregio. Ma se i suoni danno atmosfera, le scarnissime descrizioni di luoghi e oggetti (appena mezza riga di testo) la indeboliscono: sarebbe stato meglio avvolgere un po' di più il lettore/giocatore con un minimo di lavoro di penna. Il che avrebbe arricchito non poco il tutto. 

Ma tutto sommato mi sono divertito anche se non sono riuscito a finire l'avventura senza soluzione. E non solo per colpa mia. Il Verso dei morti, infatti, ha due grossi difetti che la rendono sotto molti aspetti difficile da giocare e rallentano il ritmo. 

1) Il timer. Il gioco va necessariamente concluso in un (ristrettissimo) numero di mosse, altrimenti si muore. E infatti nelle prime sessioni si muore molto, a ogni pie' sospinto. E' impossibile finire Il Verso dei morti al primo colpo. E questo, se non è un crimine alla mimesi (in fondo, nella realtà in un edificio pieno di zombi si farebbe una brutta fine immediatamente), è invece un duro colpo alla giocabilità: il trial and error, che non sopporto, costringe infatti a morire per trovare la soluzione. E ciò è piuttosto scorretto e, appunto, spezza il ritmo. Fa tanto anni 80, sì, ma il trial and error era uno dei peggiori buchi di quei giochi oggi ancora tanto amati. 

2)  Il Guess-the-Verb. Ho dovuto, dicevo, guardare la soluzione per finire il gioco. E non solo perché non trovavo la chiave per certi enigmi, ma anche perché non riuscivo a mettere in pratica quello che avevo in mente dal momento che non trovavo la formula giusta per esprimermi.

Il gioco, infatti, non capisce cose tipo >METTI GARZA SULLA FERITA; >CHIUDI LA FERITA CON L'AGO. E se si digita >CUCI FERITA CON L'AGO prima di avere inserito il filo, la risposta è semplicemente "Non puoi", ma perché non posso? Non sarebbe giusto saperlo o avere un indizio?

Il caso più eclatante è all'inizio: non basta >CHIUDI LA PORTA, ma bisogna scrivere >CHIUDI LA PORTA CON LA CHIAVE. Insomma, resta in italiano la differenza tutta anglosassone close/lock, che però da noi non esiste: quando ho scritto >CHIUDI LA PORTA infatti era ovvio che intendessi "a chiave", e il gioco doveva capirmi.

E comunque sia, perché gli zombi riescono a sfondare una porta chiusa senza chiave, mentre se è chiusa a chiave si fermano?

Altre bagattelle:

– Perché non mettere qualcosa in quegli scatoloni?

– Occhio a >ESAMINA ME, la risposta standard andrebbe sempre cambiata. 

Zombi dovrebbe essere inserito come sinonimo di zombie.

– In molti casi se si prova a sparare agli zombi, che la descrizione dice essere intorno al protagonista, il gioco non li vede.

– Il filo si può mettere all'infinito nell'ago e all'infinito si guadagnano punti (loop).

Detto questo, ripeto, il gioco è divertente, una buona idea per un'avventura veloce (mi piace il fatto che gli zombi piombino dal nulla senza un perché), che acquista valore grazie ai suoni. Ma senza un minimo di romanzo.

Tuttavia, una cosa è certa: Lorenzo Chiodi è un autore davvero promettente. Continua così, avventuriero.

Novembre 2008

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