Jack Keane: la noia fatta videogame

Jack Keane (FX Interactive 2008) 

E questo sarebbe un gioco divertente, appassionante? Ma andiamo. Ho letto diverse recensioni entusiastiche di Jack Keane – Al riscatto dell’impero britannico, infarcite di elogi sugli enigmi, sull’atmosfera leggera, sulle battute di spirito, sul gameplay, sulla simpatia dei personaggi. Tutte cose che personalmente non ho riscontrato nella mia esperienza di gioco. In poche parole, ho trovato Jack Keane una brutta scopiazzatura di Monkey Island, lontanissimo dal capolavoro di Ron Gilbert al quale vorrebbe ispirarsi neanche troppo nascostamente.

Ma non è un problema di trama, è un problema di tono, di conduzione dell’avventura e di enigmi astrusi. Un calderone che produce un solo risultato: la noia. Tanta noia.

La trama, infatti, è quella che ci si aspetta da un gioco così. Nei panni di un piratucolo scapestrato finiamo per approdare su un’isola dominata da un losco figuro, il Dottor T. In compagnia di una dolce donzella, il nostro obiettivo è mandare all’aria i piani del cattivo, magari trovare un tesoro, e vivere felici e contenti. Roba trita e ritrita, d’accordo, ma dai clichè possono nascere anche buoni giochi. Non è questo il caso.

Dicevo, è un problema di tono. Sì perché il gioco e i suoi personaggi vorrebbero essere simpatici, ma non lo sono: le battute non fanno ridere, anzi. E le cose da fare sono appunto stucchevoli. Sull’isola, ad esempio, a un certo punto bisogna fare sposare due locali, un’impresa di una noia mortale, un’impresa che non coinvolge, forse per l’antipatia dei personaggi, forse per l’assurdità degli enigmi. Scrivere una commedia, si dice, è molto più difficile che scrivere un dramma. E Jack Kean è l’esempio perfetto di questo adagio. Altra situazione: nella casa del Dottor T dobbiamo introdurci nel suo studio mentre lui sta placidamente fuori a fare colazione, una situazione del tutto irrealistica. Che ci starebbe pure se il gioco avesse il giusto “mood” surreale, ma purtroppo non lo ha e il tutto finisce per essere insulso. Come quando il nostro eroe si ritrova nudo su un cornicione: scena ridicola più che divertente.

E gli enigmi peggiorano la situazione. Sì, sono tutti inventory-based, quelli che amo di più, con qualche fastidiosa incursione nel pixel-hunting. Il problema è che alcuni non reggono. Ad esempio, quando bisogna fare unire in matrimonio i due antipatici autoctoni, a un certo punto ci ritroviamo a girare con addosso un vestito da sposa senza che nessuno ci dica nulla! Mah. Senza ensare a quando il Dottor T fa colazione, assieme alla sua assistente, e noi possiamo liberamente fare casino attorno a lui senza che ci veda… mah!

Vi assicuro, è stata una faticaccia arrivare alla fine: mai un guizzo, una trovata interessante. Solo e solamente noia.

Francesco Cordella gennaio 2009

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