Zork nel cyberspazio

Spulciando l’archivio del quotidiano la Repubblica, è saltato fuori un articolo di Furio Colombo del novembre 1995 intitolato “Ho trovato Dante nel Cyberspazio”, in cui si parla di… Zork.
Ecco il passo per noi interessante:

“Il poeta americano Robert Pinsky (celebre traduttore dell' Inferno dantesco) ritiene che "velocità e memoria creino una inestricabile affinità fra poesia e computer". L' intuizione di Pinsky serve per accostarci alla domanda: qual è il "genio" ovvero il senso specifico di questo mezzo espressivo – il computer – rispetto ad altre forme di rappresentazione della realtà (cinema) di comunicazione (televisione) di espressione diretta e personale (scrittura)? Scrive Pinsky: "Io qui mi riferisco alla natura della macchina, al suo essenziale piacere di gioco con le parole, alla nozione di passaggio segreto.

Non tanto tempo fa fra i primi frequentatori del computer, anonimi autori avevano cominciato a programmare storie. Si trattava di brevi tratti narrativi in cui ciascun autore seguiva l' altro nel completare la incompletabile composizione. La struttura era quella del racconto gotico, con enigmi, draghi, spade, torce, trabocchetti. Usando un certo codice sulla tastiera, giocatori lontani tra loro e l' uno all' altro sconosciuti potevano entrare nella narrazione". Questo gioco ha preceduto e preparato il più spettacolare successo di uso delle parole come divertimento nel computer, il famoso Zork.

Al principio di Zork il giocatore si trova in una piccola casa vuota. Può uscire soltanto usando la sua tastiera. Ma ecco la sorpresa. Dopo molti tentativi, il giocatore abile trova la chiave per discendere in un tunnel. Quel tunnel lo conduce nell' immensa rete del mondo di Zork: stanze concentriche, reticolati di sottopassaggi, terrazze e corridoi. E' la mappa di un "interno gigantesco. In questo senso", scrive Pinsky "il computer odora di anima umana. E' un passaggio segreto da qualcosa a qualcosa". Racconta che quando gli è stato commissionato un testo-avventura per computer, la prima cosa che i programmatori gli hanno insegnato è il rapporto fra scene (che si svolgono nel tempo) e stanze (che si situano nello spazio).

In un programma del cyberspazio una scena si trasforma fatalmente in una stanza. "Quando mi sono accinto al mio lavoro mi sono accorto dell' influenza che aveva su di me la parola ' circuito' . La mia struttura narrativa, una volta entrata nel computer, è diventata una serie di passaggi circolari organizzati in forma labirintica".